sabato 19 gennaio 2008

InterAzioni 2000

Rassegna Laboratorio Internazionale di Performing Arts, Video e Installazioni
InterAzioni 2000, edizione tra due millenni, e' dedicata ai Progettisti di Mondi, ricercatori di mondi alternativi al nostro, governato dalla competizione e senza piu tempo per le utopie. Il tema portante, Progettisti di Mondi, invita gli artisti in questo passaggio epocale - momento di fine e inizio -, ad ideare scenari comuni tra popoli e culture diverse. Mondi di visioni e poetiche al di là della globalizzazione finanziaria e della democrazia delle merci, spazi dove il mito dell'esserci propagandato dalla comunicazione massmediatica, sia cancellato da un¹arte concreta, che parli all¹uomo di se' e del suo cammino. Ecco allora che attraverso la Drammaturgia delle Arti - quel dialogare fra teatro, danza, musica, poesia e arti visive che da sempre anima il Teatro Arka -, InterAzioni 2000 indaga la realtà alla ricerca di una sintesi nuova, inedita, magari un mondo dove scoprire il non-esserci come un fuori scena piu ospitale e abitabile.
InterAzioni 2000 si apre al PoliartStudio di via Università, saranno in mostra le opere pittorico-plastiche di Gianni ATZENI, Rosanna D'ALESSANDRO e del giapponese Koji OGUSHI. Oltre le opere dei tre artisti sarà visibile su monitor una selezione di videoarte internazionale. La stessa selezione che farà entrare in gioco lo spazio scenico del Teatro Universitario Nanni Loy, dove su grande schermo, tre video diversi apriranno ogni serata. Che poi proseguirà con gli interventi dal vivo: sul palcoscenico si avvicenderanno i paesaggi ancora incontaminati dei nuovi mondi (Boudewijn Payens), le emozioni e il sentire di chi li attraversa (Victoria Stanton), il disorientamento prima di formulare nuove misure (Tokio Maruyama), la meraviglia di liberarsi delle vecchie paure (Monique Moumblow & Yudi Sewraij), i gesti di una danza antica come il butoh (Noboru Kamita), il confronto tra chi si sente in cammino (Mario Pischedda), e chi immobile (Izumi Murata).Anche il foyer sara attivo, anzi interattivo, perche oltre le installazioni che vi ambienteranno gli artisti/performer (Joergen Teller, T. Maruyama, Keiko Kamma), ci sara una videoinstallazione interattiva per visitare cd-rom d'arte, musica e teatro (ma non solo) italiani ed internazionali.

Tonia Copertino


NOVO MILLENNIUM

Tonia COPERTINO

Il segno si muove veloce sulle carte-tessuto di Tonia Copertino, un segno gestuale intriso di inchiostri che sfumano nelle gamme cromatiche del marrone-ruggine e nero-grigio. Il segno si muove come una scrittura, nascono parole, frasi, forme, la pittura si fonde con le lettere perché, come diceva Magritte (Les mots e les images) in un quadro le parole hanno le stessa sostanza delle immagini. Del resto è la poetica della Copertino a svilupparsi da tempo nell’ambito delle poesia visiva, del libro-quadro, a esercitarsi trasversalmente sulla scrittura visiva. Il pennello scrive, e si legge, vuoto-colmare-se sei fuori resta fuori–pagine estreme, affollate, nude, silenziose; il pennello scorre e compaiono le forme, vasi, contenitori, scatole, libri. Desiderio il riempire, desiderio di colmare, cosa? Vuoti interiori, perdite, assenze, silenzi profondi.
È in gioco il vuoto della vita, la solitudine, la difficoltà della comunicazione con gli altri, ma soprattutto è in gioco il rapporto con se stessi e con la propria precaria identità.

A cura di Mirella CASAMASSIMA

Max Mazzoli


Max MAZZOLI

Al PoliArtStudio di Cagliari lo spazio è invece occupato da una mostra di Max Mazzoli. Fotogrammi mixati sul video e poi replicati, distorti e riversati nell'immaginazione di un quadro a olio. "Le armi del mio confronto con i mezzi elettronici - dice Mazzoli - possono sembrare addirittura impari ma sono quelle tradizionali di un pittore. Colori a olio su multistrato o compensato." Le ascendenze ideali del pittore vagolano tra l'iperrealismo, il fumetto, il cinema, la pop art e naturalmente la tv, sintesi diabolica d'ogni mondo contemporaneo.

Marcello Corda - Gigi Bandino

Marcello CORDA - Gigi BANDINO

Una Mostra di Fotografia e Disegno al PoliArtStudio
Come si era ripromesso il PoliArtstudio, Centro di Sperimentazione Grafica in via Università 61 a Cagliari, porta avanti il suo progetto iniziale: valorizzare la grafica, sia essa stampa originale, disegno o fotografia. Dall'8 al 22 Aprile 2001 il piccolo spazio espositivo, ha ospitato Marcello Corda e Gigi Bandino. Dopo le Incisioni di Gianni Atzeni e Rosanna D'Alessandro, le Carte di Danilo Sini, i giochi di fili intrecciati di Luigi Musa, l'ipperrealismo fumettistico di Max Mazzoli, una mostra che vede in tandem la fotografia e, perché no, l'acquerello.
Come scrive Placido Cherchi nella presentazione "l'occhio fotografico di Gigi Bandino si apre alle tematiche formali di un vedere interessato a cogliere allusioni estetiche che possono ingenerarsi nel casuale comporsi delle cose nello spazio (…) e accanto a questo "vedere" si fa strada la nostalgia per le atmosfere abbandonate senza speranza attorno alle sopravvivenze frammentarie di qualche storia finita"; mentre gli acquerelli di Marcello Corda "giocano senza dissimulazioni inopportune sul ponte largo delle suggestioni kleeiane, difficilissimo banco di prova per la difficilissima tecnica dell'acquerello".
Il PoliArtStudio tenta, con alcune iniziative, di valorizzare, conservare e trasmettere anzitutto la conoscenza dell'antica arte incisoria, risvegliando l'interesse anche tra il pubblico dei "non addetti ai lavori"; ma propone anche dei Laboratori di Fumetto in collaborazione con lo staff, ormai televisivo, di GruppoMisto, e ha in progetto di esporre numerose cartelle di Grafica di artisti cagliaritani emergenti.

Art Director Giorgia ATZENI















Metallica di Gianni Atzeni

METALLICA

Una mostra personale di Gianni ATZENI, dal titolo “METALLICA”. Il piccolo spazio espositivo del Centro di Sperimentazione Grafica di via Università, che si occupa da circa due anni di incisione e stampa originale, ospita l’ultima produzione dell’artista cagliaritano, costituita da opere realizzate su lastre di ferro di varie dimensioni. La consistenza dei supporti in questione, molto simile a quella delle matrici calcografiche di zinco utilizzate spesso dall’incisore, cattura la nostra attenzione e ci pone un quesito: ci troviamo di fronte ad esemplari pronti per una tiratura su carta? No. Nessuna di quelle immagini verrà impressionata su alcun foglio. Il processo questa volta si ferma in anticipo. Prediligendo il linguaggio segnico e gestuale, la mano esperta dell’artista agisce sulle lamine, che si animano di aspetti sempre nuovi sfruttando tutte le qualità del metallo come in un incessante divenire. Trattando le superfici, già sottoposte all’attacco della ruggine, con acqua, acidi, frese egli riesce, con l’aiuto di inchiostri tipografici, ad ottenere interessanti ed eleganti contrasti cromatici. La materia ferrosa viene esaltata da ossidazioni bronzee su fondi inchiostrati di scuro, mentre i segni, ottenuti con piccoli trapani e punte metalliche brillano a luce radente, scoprendo l’argenteo metallo intorno a macchie ed aloni dall’aspetto organico.
Gianni Atzeni, incisore da più di vent’anni, non rinuncia agli strumenti del mestiere, sviluppando un discorso attraverso materiali che sono medium di nuovi aspetti formali.


Testo critico di Alessandra MENESINI
La battaglia della ruggine, il mordere dell’acido, la materia che crepita e la pittura e il gesto che la inseguono e la guidano.
Gianni Atzeni tormenta le sue lastre ferrose con gocce di acido muriatico, spegne con l’acqua il suo bollire, traccia i confini delle forme anarchiche che corrono sulle superfici corrose e ustionate. Le piastre di lamiera rispondono alla provocazione d’artista trasformandosi in abissi marini e deserti spaccati, in lande lunari, in aspri notturni paesaggi marziani. Scurissimi azzurri, verdi vegetali di fondali oceanici, gialli sabbiosi attraversati da improvvise barriere e subitanei arresti.
Su questo mondo non più minerale e non ancora organico, l’autore traccia luminosi segni che portano fuori il cuore lucido del metallo, messo a nudo dall’argentea serpentina incisa velocemente dal trapanino, dai graffi setosi della fresa.
Cascate di stelle, astri raggianti, alghe giganti in movimento sul movimento endogeno delle loro basi ferrigne. Con tempi e tecniche da incisore, Gianni Atzeni osserva la reazione degli elementi come spiasse su vetrini da laboratorio il fibrillare di cellule, spore, muffe, il disporsi di forme di vita infinitesimale e ardente. Corrugate e telluriche, le lastre disegnano tra grumi e pause la faccia di un pianeta misterioso, spingono in un angolo l’energia bruna della ruggine che affronta la delicata invasione di inchiostri da stampa stesi col tampone. Dall’antitesi iniziale all’equilibrio di macchie vaganti catturate da un laccio zigrinato, di linee ondulate che inseguono sulle opere i percorsi di un processo spontaneo ricondotto dentro la griglia razionale della composizione pittorica.

Nino Corona


SOTTO IL TAGLIO DELLO SGUARDO.

Nino CORONA
Strano destino quello dell'immagine quando la parola nel suo dire cerca di dissolversi nel vedere, quasi che "il visto sia già come un detto". Per Nino Corona "fotografare è attraversare un deserto", allora le parole in realtà diventano miraggi, illusioni rifratte in una vertigine di senso che questo deserto inaridisce nel loro apparire. Immagini e parole dunque, intreccio inestricabile, bruciate nelle loro rispettive superfici di carta.La fotografia, nel suo essere istantanea apparizione di un visibile frammentato, racchiude in sè un segreto che la parola può solo nominare: il gesto. Un movimento che da vita all'immagine, un evento che apre, riporta all'esterno la visione, dissolve l'anime e fa del vedere una materia del mondo. In questo passaggio la fotografia raccoglie la sfida del linguaggio e nel contempo, acquista la forza evocativa del desideri: rintracciare il mondo nel gesto. E Corona il mondo lo rintraccia in quelle piccole parti calpestate, in cui il soggetto è oggetto ormai insignificante, da sempre nella vista, orpello di un artificio totalizzante e degradato: la città e le sue foglie. Illusione di paesaggio, apparenza di natura.Ed ecco le parole diventare foglie e lo sguardo sprofondare nell'immagine. L'occhio esce dalla sua latenza infinita: c'è qualcosa che fissa il mondo su carta. A questo punto ci appare il luogo dell'assenza, in cui niente è; la parola lentamente sbiadisce, ingiallisce come le foglie che nomina. Quanto uomo c'è in queste foglie!Ma è nel taglio che lacera la continuità del vedere, che la fotografia libera il suo spazio, ri-taglia un mondo ex novo e si s-taglia nella luce informe come effigie tombale, uccidendo il tempo. E lo sguardo resta lì, sospeso, come in ascolto, in un'attesa di nuovi percorsi di senso, cercando una strada nelle trama infinita tra il dire e il vedere.Relazioni pericolose quelle che instaura lo sguardo col mondo.
Presentazione di Franco MARRA


Luigi Musa

EPISODI

Luigi MUSA, episodi sperimentali fra ordine e caos.
A pochi passi dalla Torre dell'Elefante a Cagliari, il Centro di Sperimentazione Grafica "PoliArtStudio" ha dedicato una mostra a un artista insolito e creativo, instancabile sperimentatore di tecniche e mezzi espressivi sempre nuovi. Luigi Musa, protagonista di Episodi, ha voluto offrire al pubblico cagliaritano alcune opere significative della sua lunga ricerca iniziata nel 1979 a Milano, dove si è diplomato all'Accademia di Brera e ha vissuto per più di un ventennio. Cinquant'anni ben portati e una sete di novità che si è trasformata in un frenetico itinerario geografico: New York, Strasburgo, Argentina e Londra sono le località in cui è volato per brevi periodi alla ricerca spasmodica di nuovi orizzonti. Soltanto d pochi anni ha abbandonato l'atelier milanese, crocevia di artisti conosciuti in tutto il mondo, per stabilirsi definitivamente a Tempio, dove prosegue una ricerca che nel tempo ha conservato delle costanti, un continuum non solo contenutistico. Profondamente legato alle radici culturali della sua terra, Luigi Musa ha assimilato fuori dall'Isola dati formativi che appartengono a un diverso teatro di attività. Per questo la sua produzione è sempre sospesa tra simbolo, tradizione etnica e i linguaggi più azzardati della ricerca artistica contemporanea. Senza perdere di vista le ragioni storico, esistenziali del suo mondo, perciò, ama sperimentare nuove tecniche (ceramica, pittura, scultura), mentre le composizioni tendono sempre più a una trasfigurazione formale, a un'interazione dialogica tra dimensione spaziale e segnica. L'esito è una raffinata astrazione ottenuta anche con materiali d'uso quotidiano che, nella combinazione di poche forme-base come i cerchi, risolvono la contrapposizione tra ordine e caos, logica e istinto. Allo stesso modo si compiono le tele di grande formato in cui immagini vaghe sono delineate da ampie velature di colore che animano un fantastico scenario di trasparenze sopite. Con l'utilizzo di materiali particolari come creta, stoffa e filo, bottiglie di vetro e tappi , simboli che connotano e personalizzano la sua produzione, Musa riesce a sprigionare inattese esplosioni creative. Come i piccoli frammenti di terracotta delicati e raffinati, o i tappi di bottiglia appesi come emblemi di un vissuto quotidiano nel supporto bianco del quadro. Dissemina fili su pezzi di stoffa colorata e crea, con i filamenti messi insieme in modo apparentemente casuale, un'ambiguità di visione, come succede nelle grandi formelle circolari e nelle minuscole monete in cui le facce si convertono e scompongono in cifre investibili di significati multipli. Sono oggetti che precisano sempre la loro materia, secondo una sapiente commisura fra mestiere artigianale e quid artistico.
Recensione di Maria Dolores PICCIAU


Luigi MUSA fa ritorno a Cagliari per proporre, nello spazio espositivo del PoliartStudio, alcuni “episodi” del suo ventennale itinerario artistico. Non si tratta di una mostra antologica, ma di un piccolo percorso attraverso i momenti più significativi della sua ricerca; un viaggio nel mondo dell’arte compiuto da un artista versatile ed estroso, nato in Sardegna, ma reduce da un lungo soggiorno milanese.
È incisore, più spesso ceramista, naturalmente pittore e, perché no, anche abile ricamatore, sempre e comunque desideroso di confrontarsi con le tecniche e i mezzi espressivi che, di volta in volta, più gli somigliano. Tuttavia questo personalissimo itinerario è legato da un filo conduttore: dagli anni Ottanta a oggi Luigi Musa non è cambiato! Infatti il continuo passaggio reciproco tra un’arte e l’altra ha contribuito alla nascita di quello che l’artista stesso chiama un “percorso didattico”.
Le opere del passato si risolvono in quelle più recenti. L’oggetto trovato, ricostruito o montato su un’altra superficie, la continuità e l’ambiguità tra plastica e pittura, la capacità di ottenere accese modulazioni cromatiche, sono elementi che finiscono per riflettersi anche sulle idee grafiche. Così come gli effetti plastico-cromatici e formali, la persistenza dell’elemento circolare o l’utilizzo di materiali curiosi, la bottiglia, la moneta o il tappo, diventano quasi una firma. Indubbiamente ciò che più conta è la volontà di esprimere se stessi con passione, ironia e serietà, giocando nel tentativo di farsi strada tra le diverse proliferazioni artistiche alla ricerca di un credo “estetico”, magari più vicino alle esigenze creative del singolo e delle masse.
Art Director Giorgia ATZENI

giovedì 17 gennaio 2008

Folder 3

GRAPHICARTELL

Giuseppe Bosich, Hibraim Kodra, Renzo Margonari, Gian Battista De Andreis, Primo Pantoli, Giuseppe Gatto, Raffaele Alessandri, Roberto Floris, Remo Brindisi, Antonio Amore, Gino Frogheri, Angelo Liberati, Pinuccio Sciola, Antonio Corriga, Giorgio Tavaglione

Folder 3
VIZI E VIRTU'
Presentazione di Salvatore Naitza. Testi di autori vari.
Somiglia ad un libro, la cartella “Vizi e Virtù”, edita da S’Alvure di Oristano e stampata da L’Aquilone di Cagliari nel 1990, con 15 incisioni originali.
Introdotta da un testo di Salvatore Naitza, la scatola nera dispiega accanto ad ogni opera calcografica, due scritti che accompagnano con le parole il gesto degli artisti. Racconti, poesie, brevi saggi, in una variazione di toni dotti, ironici e filosofici, che affiancano le opere come sentinelle del segno. Vi appare un rapido e completo elenco delle cose buone e cattive, l’intera serie dei peccati capitali e la schiera delle virtù cardinali e teologali, capitanate dalla Fame, solitaria megera che Giuseppe Bosich ha messo per prima come anarchico incipit. Angeli e diavoli, tralci e rovi, colombe e corvi, l’antitesi tra Bene e Male si fronteggia nei grandi fogli bianchi della raccolta, inseguendosi senza mai incontrarsi e tentando di sfuggire agli intrecci inevitabili dell’umana debolezza.
E’ Hibraim Kodra ad aprire la rassegna dei mali del mondo: lievitante da un fondo geometrico, la Superbia sale cambiando colore.
Scura, schizzata, con rivoli neri è l’Avarizia: Renzo Margonari la raffigura come una macchia d’inchiostro allargata intorno a un cuore d’oro.
La Lussuria ha posa classica, nell’erotico abbandono messo in scena da Gian Battista De Andreis. Fumigante, l’Ira di Primo Pantoli: la rabbia è donna e avvolta da tetri pensieri omicidi.
La Gola è un viluppo di tentacoli biomorfi, l’avida e insoddisfatta simil piovra di Giuseppe Gatto. Zoppa è l’Invidia che non fa andare da nessuna parte, come il misero ladro rattoppato raffigurato da Raffaele Alessandri.
L’Accidia di Roberto Floris avrebbe tante cose da fare, ma le trascura tutte.
Trattenuta da mani pensose la Prudenza di Remo Brindisi, e trincerata da sbarre, e ordinata da numeri, la Giustizia di Antonio Amore.
Monumento alla Fortezza: il martire ragazzo della tragica Piazza Tienamen è disegnato da Gino Frogheri come l’uomo vitruviano.
La Temperanza di Angelo Liberati si difende coi libri e le parole e, per non indursi in tentazione, ha le spalle voltate.
Germoglia tra pietre scolpite e ciottoli di basalto, il piccolo fiore colorato chiamato Fede da Pinuccio Sciola.
La Speranza è un neonato circondato da rigogliose messi per Antonio Corriga.
La Carità, la più rara delle attitudini sociali, è chiusa da Giorgio Tavaglione in un uovo fatto d’ali di cigno, simbolo e culla di una morbida maternità.

Folder 1

GRAPHICARTELL

Rosanna D’alessandro – Mirella Mibelli - Rosanna Rossi


Dopo le linoleografie di Primo Pantoli, si prosegue con il Folder 2, che vede protagoniste Rosanna D’Alessandro, Mirella Mibelli e Rosanna Rossi. Dunque, come annunciato la rassegna Graphicartell diventa un’occasione per risvegliare tra il pubblico un interesse nei confronti della pratica incisoria, che continua ad appassionare numerosi artisti attivi nel contemporaneo. Ci è parso, perciò, interessante riproporre coloro che hanno scelto di racchiudere i propri esemplari in una cartella, soprattutto per esigenze di mercato. L’esposizione di tali raccolte, alcune delle quali presentate da critici autorevoli, pubblicate da tempo e oggi pressoché introvabili, servirà a stimolare il dibattito nei confronti si un’arte non più“utile”, ma certamente di altissimo valore artistico.
Art Director Giorgia ATZENI


FOLDER 2
Testimonianza dell’artista Rosanna D’ALESSANDRO
Gli anni di attività della Stamperia “L’Aquilone” a Cagliari dal 1979 al 1995 rappresentano, per me, un’intensità alta di lavoro, di ricerca e sperimentazione dell’incisione, che più delle altre tecniche grafiche ha il fascino dell’imprevedibilità e del rituale della magia, perché fissa nella materia il proprio gesto, in una dimensione irreversibile, che scuote dentro e obbliga ad indagare più a fondo i propri segni. Le tecniche, estremamente diversificate per gli strumenti e i procedimenti che si adottano, richiedono non solo un impegno di lavoro manuale, ma anche un atteggiamento mentale diverso nei confronti dell’opera e la scelta di una tecnica, da parte dell’artista, implica, evidentemente, una scelta anche poetica.
“Inchiostri” è il risultato di una attività di laboratorio d’incisione diretta e indiretta del 1982, con Mirella Mibelli e Rosanna Rossi alle prese con la punta secca e trapano su plexiglass, mentre l’acquaforte e l’acquatinta su zinco, sono state le tecniche da me preferite. Esperienza particolarmente vivace e felice di lavoro collettivo, perché con Mirella e Rosanna ho condiviso non solo lo stesso tempo creativo di incidere, ma anche la produzione e promozione delle cartelle,con singolare armonia e piacere dell’incontro.


Testo critico Alessandra MENESINI
“Inchiostri”: quattro cartelle d’incisioni che vedono riunite Rosanna D’Alessandro, Mirella Mibelli e Rosanna Rossi. Le opere, edite nel 1982 dalla stamperia “L’Aquilone”, racchiudono dei trittici sapienti che Salvatore Naitza – nella sua presentazione d’allora – commentò con felici parole, identificando “nella ricerca di una composizione armonica”, il tratto unificatore degli elaborati calcografici. Tre artiste in contatto stretto dunque, che nei bianchi fogli di carta lasciano le impronte digitali di temperamenti difformi. Accomunate dal talento, diverse nell’espressione, imprimono sulle lastre una varietà di segni e di forme, che accostano visioni coincidenti e insieme lontane fra loro.


Rosanna D’Alessandro, in leggere variazioni di luci e colore, tra zone di linee trasversali può inserire uno spazio o accenni di geometrie, come una nera barra che taglia e attraversa i lievi campi graffiati dei suoi lavori su zinco.

Stramate e sospese, le rappresentazioni grafiche di Mirella Mibelli disegnano aree evanescenti e mobili, trasparenze di consistenza vegetale o sagome aperte come ali: in mezzo, un vuoto appena intaccato da lacerazioni sottili come fili, ad imprimere una direzione ascendente che finisce nel nulla.

Rosanna Rossi verga un tratto energico, denso, avvolgente. Compatta e dominante, la massa scura prevalente è talvolta equilibrata da un suo piccolo contrario. Le nebulose in movimento sono trasportate dal dinamismo di curve saettanti, appena sfrangiate nei loro contorni.

Folder 2

GRAPHICARTELL

Il processo di stampa, con la conseguente moltiplicazione e diffusione delle immagini, ha dato una risposta alle esigenze delle modernità: informazione, illustrazione, divulgazione. Ecco perché l’incisione è stata, a lungo, considerata un’arte nuova e “utile”. L’artista contemporaneo si serve ancora del linguaggio incisorio. Dunque si manifesta in lui una tenace volontà e un grande desiderio di conservare questa tecnica, che va ormai scomparendo, soprattutto in un’era in cui l’elettronica, con la stessa forza di quella innovazione, dà vita all’odierna civiltà di massificazione delle immagini.
Per questi motivi il PoliArtStudio tenta, con alcune iniziative, di valorizzare, conservare e trasmettere la conoscenza dell’antica arte incisoria, risvegliando l’interesse anche tra il pubblico dei “non addetti ai lavori”.
Nel corso di Graphicartell si aprirà lo spazio espositivo di Via Università 61, ad alcuni artisti che hanno racchiuso i propri esemplari in una cartella (formula che pare rispondere ad esigenze di mercato). L’esposizione di tali raccolte (alcune delle quali già pubblicate e presentate da critici militanti), servirà, se non altro, ad alimentare il dibattito nei confronti di un’arte non più “utile”, ma certamente di altissimo valore artistico.
Art Director Giorgia ATZENI

FOLDER 1
Testimonianza dell'autore Primo PANTOLI
Correvano, giovani, i primi anni ’60, nel mondo cavalcati dagli sperimentalismi più audaci. Qui da noi, tenevano saldo il potere sul “grande mare del nulla” (come Francesco Masala definì la pittura sarda in quegli anni) le prof. E i colonnelli a riposo degli “Amici del libro”; veleggiavano placide barchette nell’unica galleria d’arte della città.
Remo Branca decretava nei suoi volumi tosti chi era incisore e chi no: io ne fui escluso.
La tradizione imperava nelle stanche riedizioni dei manuali Servolini. “L’acquaforte” di Melis marini (Hoepli 1922), i sardi l’avevano già dimenticata. Il marchese Benvenuti, direttore del Gabinetto delle Stampe, me ne procurò una copia che divorai. Faticai non poco a procurarami bulini e sgorbiette. Il Dessì di via Manno me le ordinò in Germania; il linoleum lo cercavo fra gli avanzi polverosi dei cantieri. Queste incisioni le stampai nella vecchia tipografia dell’Unione, dove un “proto” tedesco stette curvo sulla piano-cilindrica per dieci giorni. Mario Ciusa fu, come sempre, entusiasta delle mie cose; i cagliaritani, no. La cartella rimase invenduta nella bella vetrina di Cocco, via Manno. Costava 20.000 lire, 9 incisioni. Ora ne restano due copie di una tiratura di 80.
La storia è una delle mie storie, alla ricerca di un senso, nella vita; una vecchia storia che ritorna.

Testo critico Alessandra MENESINI
Nella bella presentazione scritta dell’epoca da Mario Ciusa Romagna, si legge un ritratto degli anni giovanili dell’artista, i maestri, la vita fiorentina, le letture, l’approdo in Sardegna nel 1957 e il successivo percorso artistico. Poi la cartella si apre, nelle nove immagini con cui Primo Pantoli racconta una storia, o il suo riassunto breve. In un asciutto bianco nero l’artista incide un segno netto che si fa seghettato nei corpi e avaro di zone di luce. Alla prima scena, titolata “tra i fiori e la legge”, l’autore impone il dualismo di una figura bifronte e come sdoppiata, intenta a coltivare sogni, ma con un occhio alle tavole della legge. Nella successione crono logica di una visione un poco ironica e sostanzialmente amara, la sintesi di un amore prigione con la sensualità, più indifferente che felice, di nudi femminili chiusi in una stanza. E poi un ventre materno ingombro di prossime complicazioni, e un parto di molto dolore, esploso in un urlo. Unica pausa, un albero con grosse radici e rami contorti, nonostante cresca sulle dolci colline di Fiesole. Il seguito si distende nella noia quotidiana, nel limiti di stanze e cortili, in un rapporto a due intrappolato tra piccoli recinti senza uscita. Rimangono i fiori al protagonista. A cui è venuto, tra lavatrici e tedi casalinghi, un muso da elefante.