sabato 19 gennaio 2008

Metallica di Gianni Atzeni

METALLICA

Una mostra personale di Gianni ATZENI, dal titolo “METALLICA”. Il piccolo spazio espositivo del Centro di Sperimentazione Grafica di via Università, che si occupa da circa due anni di incisione e stampa originale, ospita l’ultima produzione dell’artista cagliaritano, costituita da opere realizzate su lastre di ferro di varie dimensioni. La consistenza dei supporti in questione, molto simile a quella delle matrici calcografiche di zinco utilizzate spesso dall’incisore, cattura la nostra attenzione e ci pone un quesito: ci troviamo di fronte ad esemplari pronti per una tiratura su carta? No. Nessuna di quelle immagini verrà impressionata su alcun foglio. Il processo questa volta si ferma in anticipo. Prediligendo il linguaggio segnico e gestuale, la mano esperta dell’artista agisce sulle lamine, che si animano di aspetti sempre nuovi sfruttando tutte le qualità del metallo come in un incessante divenire. Trattando le superfici, già sottoposte all’attacco della ruggine, con acqua, acidi, frese egli riesce, con l’aiuto di inchiostri tipografici, ad ottenere interessanti ed eleganti contrasti cromatici. La materia ferrosa viene esaltata da ossidazioni bronzee su fondi inchiostrati di scuro, mentre i segni, ottenuti con piccoli trapani e punte metalliche brillano a luce radente, scoprendo l’argenteo metallo intorno a macchie ed aloni dall’aspetto organico.
Gianni Atzeni, incisore da più di vent’anni, non rinuncia agli strumenti del mestiere, sviluppando un discorso attraverso materiali che sono medium di nuovi aspetti formali.


Testo critico di Alessandra MENESINI
La battaglia della ruggine, il mordere dell’acido, la materia che crepita e la pittura e il gesto che la inseguono e la guidano.
Gianni Atzeni tormenta le sue lastre ferrose con gocce di acido muriatico, spegne con l’acqua il suo bollire, traccia i confini delle forme anarchiche che corrono sulle superfici corrose e ustionate. Le piastre di lamiera rispondono alla provocazione d’artista trasformandosi in abissi marini e deserti spaccati, in lande lunari, in aspri notturni paesaggi marziani. Scurissimi azzurri, verdi vegetali di fondali oceanici, gialli sabbiosi attraversati da improvvise barriere e subitanei arresti.
Su questo mondo non più minerale e non ancora organico, l’autore traccia luminosi segni che portano fuori il cuore lucido del metallo, messo a nudo dall’argentea serpentina incisa velocemente dal trapanino, dai graffi setosi della fresa.
Cascate di stelle, astri raggianti, alghe giganti in movimento sul movimento endogeno delle loro basi ferrigne. Con tempi e tecniche da incisore, Gianni Atzeni osserva la reazione degli elementi come spiasse su vetrini da laboratorio il fibrillare di cellule, spore, muffe, il disporsi di forme di vita infinitesimale e ardente. Corrugate e telluriche, le lastre disegnano tra grumi e pause la faccia di un pianeta misterioso, spingono in un angolo l’energia bruna della ruggine che affronta la delicata invasione di inchiostri da stampa stesi col tampone. Dall’antitesi iniziale all’equilibrio di macchie vaganti catturate da un laccio zigrinato, di linee ondulate che inseguono sulle opere i percorsi di un processo spontaneo ricondotto dentro la griglia razionale della composizione pittorica.

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